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Basta parole: facciamo chiudere le scuole di Livorno

L’idea è semplicissima: basta discussioni, basta autodifese, basta attese su azioni-tampone del governo. Basta. La Cassazione, chiudendo un contenzioso tra il Comune di Livorno e alcuni istituti scolastici, ha deciso che le scuole paritarie sono come normali esercizi commerciali e quindi devono pagare la tassa sugli immobili? Bene. Si dichiari definitivamente bancarotta, si chiudano le scuole, e si lascino gli alunni in mezzo a una strada. Senza attendere altro. E poi ci si mette tranquilli, a braccia conserte, ad aspettare e vedere che cosa accade. Come il famoso uomo sulla riva del fiume, in attesa del nemico…

Sì, perché è ormai tempo di finirla con le discussioni intorno al valore pubblico del servizio fornito dalle scuole paritarie, così come sancito non dal Papa o dalla Cei, ma dalla legge italiana, e per di più fatta da un ministro non proprio papista come Luigi Berlinguer; è ora di finirla con il tentativo di mostrare che le scuole paritarie fanno risparmiare una cosa come 6 miliardi e passa di euro all’anno allo stato; è ora di finirla insomma con il tentativo di mettere qualcosa di sensato nella zucca vuota dei tanti paladini dell’ideologia laicista e anti-liberale del ”tutto pubblico, tutto statale”. Basta. Battaglia persa. Non entra loro in testa, perché sono i sordi peggiori, cioè quelli che non vogliono sentire. Inutile parlare di dati reali a persone cui la realtà non importa.

Però, quando si parla di realtà, un metodo alla fine c’è per far capire di cosa si sta parlando. Perché la realtà ha il pregio di potersi imporre, sensibilmente. Possiamo discutere finché vogliamo se quel che abbiamo di fronte è o no un muro, e a parole l’interlocutore cocciuto potrà andare avanti all’infinito a negare l’evidenza. A meno di non prendere un’altra strada, e fare in modo di creare un’occasione di incontro ravvicinato e possibilmente a velocità sostenuta tra la testa non ragionativa dell’ideologico interlocutore e la presenza fisica e sensibile del muro oggetto di discussione. Solo così l’opinione anti-realista può alla fine cambiare, grazie a un doloroso ma salutare bernoccolo.

Allora chiudiamole queste scuole di Livorno. Ma chiudiamole veramente. Uniamoci, facciamo una colletta per sostenere temporaneamente i docenti e i dipendenti della scuola che rimarranno senza lavoro, troviamo delle soluzioni tampone. Ma si vada fino in fondo. Fallimento, serrande abbassate. Come un normale esercizio commerciale, visto che così lo volete.

E a settembre, alla riapertura dell’anno scolastico, saremo lì tranquilli, con le braccia conserte a vedere un po’ che cosa farà il Comune di Livorno per gestire l’emergenza. Così non ci sarà più bisogno di sgolarsi per dire che senza le paritarie lo stato, o chi per lui, non è in grado di fornire a tutti il sacrosanto esercizio del diritto allo studio. Sarà, appunto, il salutare incontro tra la zucca vuota e il solido e incontrovertibile muro di cemento.

Perché si ha la netta impressione che possa servire a ben poco il fatto che ora il governo si impegni a intervenire per sancire che le scuole paritarie, fornendo un servizio pubblico, non devono pagare la tassa sugli immobili. Sarà l’ennesima pezza; giusta, ci mancherebbe, ma pur sempre una pezza. Fa piacere che il governo si impegni, ma non basta.

E fa piacere anche vedere un monsignor Galantino, solitamente così dialogante e poco propenso allo scontro muscolare, che ora invece tuona da tutti i giornali addirittura contro le lobby che vogliono umiliare la Chiesa, chiamando per di più a raccolta in questa battaglia tutti i laici consapevoli del valore pubblico delle scuole paritarie. Fa molto piacere, e quasi stupisce per la veemenza battagliera dell’intervento. Ma anche questo sussulto è bene non si spenga di fronte all’ennesimo contentino dell’autorità statale. Si abbia il coraggio di andare fino in fondo, e si abbia il coraggio questa volta di un’azione eclatante. Un’azione che ponga l’opinione pubblica di fronte a un’evidenza incontrovertibile: se le scuole paritarie chiudono il sistema collassa. Ma non a parole, nei fatti. Chiudendo le scuole. Almeno a Livorno, come primo assaggio.

Solo così, dal giorno successivo, il dibattito sul rapporto tra scuola statale e scuola paritaria – che in Italia, e solo in Italia, è tutto ideologico e fondato su categorie vecchie di cent’anni – finalmente potrà vedere una svolta. Solo così potranno essere zittiti tutti coloro che non intendono capire certi argomenti che dovrebbe essere evidenti, sia sul piano culturale, sia sul piano economico e amministrativo. Si passi all’azione, si faccia vedere il peso reale di certe argomentazioni.

Poi si riparte da zero, con la consapevolezza finalmente chiara che un paese senza libertà di educazione è un paese in ginocchio, in tutti i sensi. E basta, veramente basta a trattative con il cappello in mano, come ad elemosinare qualche piccolo sostegno e qualche intervento tampone. Si affronti una volta per tutte la discussione in maniera radicale. Ne avranno giovamento tutti, compresi i trinariciuti che oggi gioiscono per la sentenza folle sulle scuole di Livorno.

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