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«Sei cattolico, ergo non puoi essere imparziale»

Basterebbe a volte partire da una semplice e rigorosa analisi testuale, per rendersi conto di quanto nell’odierno dibattito culturale, soprattutto a mezzo stampa, le parole, i loro significati e i ragionamenti sottostanti (o che dovrebbero sottostare) non abbiano più alcun valore.

E allora buttiamoci in questo esercizio, armati di lapis rosso-blu e tanta pazienza, proprio come un bravo professore di liceo.

Testo da analizzare: articolo a firma Ilaria Sacchettoni, Corriere della Sera del 28 ottobre 2015. Si parla della sentenza del Consiglio di Stato in merito alla nullità della trascrizione nei registri comunali italiani dei matrimoni omosessuali contratti all’estero. Prendiamo volontariamente un articolo del Corriere, giornale che si presta ad essere considerato più super-partes, quasi istituzionale. Il gioco applicato a un articolo di Repubblica sarebbe fin troppo scontato, e poco divertente.

Vediamo il titolo: «No alle nozze gay: il caso dei giudici cattolici». Il ”tema”, ciò di cui si tratta, sarebbe il no alle nozze gay; quello che in linguistica si chiama invece il ”rema” (ciò che si dice di nuovo a proposito di ciò di cui si tratta) sarebbe l’esistenza di un caso, e tale caso sarebbe appunto la presenza di giudici cattolici nel collegio del Consiglio di Stato che ha emesso la sentenza di cui sopra.

Partiamo con un errore blu, cioè grave: non è vero che la sentenza sancisca un no alle nozze gay. Al Consiglio di Stato non era chiesto di pronunciarsi con un sì o un no su tale materia. Non è d’altronde di sua competenza. Il Consiglio di Stato, che giudica in materia amministrativa, ha dichiarato amministrativamente nulla l’azione di trascrizione di nozze omosessuali contratte all’estero, per il semplice motivo che non esiste ad oggi in Italia un riferimento legislativo a cui l’atto amministrativo in questione possa riferirsi per essere giustificato. D’altronde già tutta la vicenda era segnata da un errore di fondo: si diceva che il Tar aveva dato ragione ai sindaci a proposito delle trascrizioni. Falso. Il Tar aveva semplicemente sancito che non era prerogativa dei prefetti imporre l’annullamento di quelle trascrizioni. Una questione di compiti, non di merito.

Passando alla seconda parte, ci sarebbe poi il «caso» dei «giudici cattolici». I giudici cattolici costituiscono dunque un caso. Un caso di cui parlare, di cui occuparsi, su cui prendere posizione e, se necessario, provvedimenti. Chiediamo alla giornalista Sacchettoni se ha notizia di un impedimento, di una dichiarata inopportunità nel codice deontologico dei giudici in merito a una particolare appartenenza religiosa, o forse proprio relativa alla sola religione cattolica. Immaginiamo che la Sacchettoni, imbarazzata, risponderebbe che no, non ci sono impedimenti in tale senso. E allora specifichi meglio: dove sta il caso? Anzi, dove sta il problema? Perché il titolo pare insinuare che basta che un giudice sia cattolico per montare un caso giornalistico?

Va be’, passiamo oltre. Saranno esigenza redazionali. Gliel’avranno imposto quel titolo. Facciamo come i professori di manica larga: semplice errore rosso.

Passiamo all’articolo vero e proprio. Incipit: «Il sospetto di una sentenza ”di parte” si rafforza con il trascorrere delle ore. La decisione del Consiglio di Stato che sbarra la via alle trascrizioni locali di matrimoni gay celebrati all’estero potrebbe essere stata influenzata da singole convinzioni religiose». Fin qui non abbiamo nulla da dire. Aspettiamo la rivelazione: se un «sospetto» si è rafforzato «con il trascorrere delle ore», come in un buon thriller giudiziario, significa che queste ore trascorse hanno portato con sé almeno indizi, speriamo prove che chiariscano i passaggi in cui la sentenza è stata «influenzata da singole convinzioni religiose».

Proseguiamo ansiosi nella lettura e scopriamo quanto segue: «Il collegio dei giudici che ha dato ragione ai prefetti nell’annullamento delle trascrizioni è guidato da un numerario dell’Opus Dei, la società fondata da Josemaría Escrivá de Balaguer che promuove la militanza [sic!] religiosa anche attraverso severi [sic!] esercizi spirituali. Si tratta di Giuseppe Romeo, ex presidente del Centro Studi Torrescalla di Milano dell’Opus Dei. Mentre estensore della sentenza è Carlo Deodato, che nella bio su Twitter si definisce ”Giurista, cattolico, sposato e padre di due figli. Uomo libero e osservatore indipendente di politica, giurisdizione, costumi, società”».

Eh… quindi? Non sarà solo questo. Suvvia, non può essere solo questo. Sono cattolici, va bene. Due cattolici dichiarati. Due su cinque. Va bene. Ma lei, signora o signorina Sacchettoni, ci aveva detto due righe sopra che si rafforzava il sospetto che la sentenza fosse stata influenzata. Noi vogliamo sapere dove, in quali passaggi, quali sono i punti nel testo della sentenza in cui emerge l’influenza, l’errore o il sospetto errore giudiziario, il punto debole, l’argomento mancante, l’anello che non tiene. Dove, di grazia, dove?

Continuiamo a crederci e proseguiamo ulteriormente nella lettura dell’articolo: «Al mattino Angelino Alfano, che da ministro…». No, fermiamoci subito. Qui si sta cambiando argomento. Stiamo passando alla ricapitolazione dei fatti. Il famoso sospetto allora si limita a quanto già espresso, elementi in più non ce ne sono. Sono cattolici, quindi sono stati ipso facto influenzati. Ridiamoci sopra: magari uno dei due ce l’aveva anche fisicamente una bella influenza, quindi era di malumore. Doppiamente influenzato. E via con altre argomentazioni di questo genere.

Niente da fare. Tutto da stracciare. Facciamo che ci si iscrive a un bel corso di teoria dell’argomentazione, signora o signorina Sacchettoni. E insieme a lei lo faccia buona parte del mondo giornalistico italiano. Scrivere che una sentenza è influenzata perché ci sono due giudici che sono cattolici dichiarati è una scemenza. È un caso inventato. Soprattutto dopo anni che ci avete riempito la testa con l’imparzialità dei giudici contro gli attacchi della politica, e soprattutto di un politico.

Decidetevi, cari colleghi giornalisti e cari dottori del pensiero dominante. Scegliete una posizione sul tema dell’imparzialità dei giudici, e seguitela. Ma, soprattutto, imparate a ragione, ad argomentare, e a non dare per scontato che chi legge i vostri articoli sia un fesso.

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